martedì 9 agosto 2016

I sette problemi che frenano l'Italia.

Un vecchio adagio dice: tutti i nodi vengono al pettine. Renzi ha sbagliato le priorità del suo mandato di governo, puntando troppo sulle riforme istituzionali che non servono e troppo poco sulle riforme necessarie. E questo sta emergendo molto chiaramente oggi. 

Va riconosciuto che Biancaneve-Matteo ha cercato di modernizzare il Paese, ma troppo poco ha fatto per risolvere i sette problemi che affliggono l'Italia. 

A differenza di Biancaneve, i sette nani di Matteo e dell'Italia però non consentono al Paese di svilupparsi ed essere socialmente equo. E, come i nani di Biancaneve, i 7 problemi dell'Italia sono in relazione uno con l'altro. 

Prima di tutto un sistema politico fatto di ex partiti e partitini, o movimenti, tesi alla perpetuazione dell'esistente piuttosto che al dialogo costruttivo volto a determinare una vera svolta nella politica italiana. Termometro di questa debolezza è il calo di affluenza alle urne registrato in occasione delle ultime amministrative.

Questo sistema ha partorito una legge elettorale che non è neppure entrata in vigore - mancano le leggi regionali d'attuazione  - che già si pensa di cambiarla perché l'esito potrebbe essere quello dei sindaci di Roma o Torino. Ma cosa si diceva delle leggi ad personam? Non sarebbe però la prima volta che la legge elettorale serve ad partitum (pensate quando venne introdotto il voto per i cittadini all'estero).

La conseguenza di questo sistema politico incerto è nostra assenza in politica estera. Nonostante la strategicità della posizione del Paese e la sua esposizione rispetto ai flussi migratori e terroristici, siamo spesso assenti nel proporre soluzioni. Inascoltati. Ci accontentiamo di essere stati ammessi al direttorio franco-tedesco, senza che questo abbia prodotto in un effettivo beneficio per il sistema Italia.  Tutti i ragionamenti si traducono semplicemente nel riconoscimento di miseri  "Zero Virgola". Ma questa non è politica estera, ma ragioneria. 

E poi l'economia. Non basta il job act per rilanciare l'economia, ma serve una sana politica di investimenti pubblici o di investimenti pubblici a sostegno di quelli privati in grado di chiudere il gap competitivo tra Italia e gli altri paesi G7.  Serve sostenere le piccole e medie imprese anche attraverso il procurement pubblico, diventato un mero strumento di riduzione della spesa e sempre più mancato strumento di politica industriale per sostenere la struttura portante della nostra economia. 

Purtroppo la mancanza di imprenditori e di capitani coraggiosi così presenti negli anni '60 in Italia e oggi così assenti è pesata sul clima economico generale del Paese e sta pesando sulle prospettive di crescita dell'Italia. La mancanza di grandi imprese italiane, pubbliche o private, ormai sepolte dalle privatizzazioni e quasi tutte espatriate, non consente di avere una scuola di imprenditoria. E imprenditori di terza o quarta generazione molto spesso preferiscono fare impresa all'estero o, peggio, vendono tutti gli asset e vanno a vivere in qualche paradiso terrestre.

Di certo non aiuta una burocrazia statale, ma soprattutto regionale e comunale, sovraccarica di compiti e inadeguata in quanto a strumenti e strutture per rispondere alla sfida della globalizzazione.  Nella selva di leggi scritte male e con la paura di sbagliare, l'azione amministrativa oggi è il freno motore economia. E di questo dobbiamo ringraziare chi, in questi anni, ha deriso, denigrato e distrutto la pubblica amministrazione. Anche Renzi, non solo Brunetta, che con le sue presunte  riforme della pubblica amministrazione ha perso l'occasione di rilanciare il sistema amministrativo italiano che per molti anni ha garantito la corretta trasmissione degli input Politici verso l'economia e i cittadini.  Lasciando spazio alla corruzione e al malaffare. 

C'è poi il capitolo infrastrutture. Mentre l'Italia pensa ancora alla banda larga, gli altri paesi grazie al fatto che questa infrastruttura già ce l'hanno, sono passati a pensare a innovativi servizi e prodotti basati proprio sul suo utilizzo. Nulla da fare sul fronte del sistema turistico portuale, ma anche del trasporto ferroviario delle merci o la lotta al dissesto idrogeologico. Ma quando si parla di infrastrutture occorre ricordare quelle legate all'efficienza energetica, dove incentivi generosi non riescono a raggiungere gli obiettivi. E lo sguardo anche va anche alla raccolta differenziata dei rifiuti che, anziché essere risorsa, sono fonte di costi, malattie e spreco. 





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